Sarcomi di Ewing
Sarcomi di Ewing
Il sarcoma di Ewing è un sarcoma dell'osso o delle parti molli. È importante considerare che la sede anatomica non rende la malattia qualitativamente diversa. Dunque, in particolare, il trattamento di un sarcoma di Ewing delle parti molli deve differire dall’approccio tipico per un sarcoma delle parti molli “dell’adulto” (a prescindere dal fatto che il Paziente sia in età adulta: ciò che fa la differenza è appunto la diagnosi istologica). Tipicamente, il sarcoma di Ewing insorge nell'adolescente, ma può insorgere anche nell'adulto e nell'anziano. Una sede tipica sono gli arti, ma qualunque sede dell’organismo può essere affetta. Tuttavia, si tratta di una malattia molto rara, con circa un centinaio di nuovi casi all’anno in Italia.
Il sarcoma di Ewing viene pressoché sempre trattato con chemioterapia, a cui viene combinata la chirurgia e/o la radioterapia. Ad esempio, il Paziente può ricevere una chemioterapia pre-operatoria, quindi un intervento chirurgico, quindi una radioterapia e un’ulteriore chemioterapia. L’effettuazione di una chirurgia dipende molto dalla sede anatomica e dall’estensione di malattia. L’effettuazione di una radioterapia dipende da vari fattori, incluso ovviamente il tipo di chirurgia, se effettuata. Storicamente, questo approccio multimodale rappresenta uno dei successi dell'oncologia medica degli anni '70, quando la probabilità di guarigione della malattia fu radicalmente migliorata proprio dall'introduzione della chemioterapia. In genere, si alternano i farmaci più attivi, nell’ambito di trattamenti chemioterapici della durata di diversi mesi. I principi di trattamento nel bambino e nell’adulto sono gli stessi, anche se evidentemente la diversa tollerabilità delle terapie induce ad alcune differenziazioni.
Se non guarisce inizialmente, il sarcoma di Ewing può dare metastasi, in particolare polmonari e scheletriche. In genere, si utilizzerà allora la chemioterapia, che potrà comprendere farmaci già usati in precedenza nel Paziente, o farmaci diversi. Un’opzione può anche essere costituita dalle terapie ad alte dosi, con trapianto di cellule staminali emopoietiche. In pratica, si effettua, dopo alcuni cicli di chemioterapia a dosi “convenzionali”, una chemioterapia ad “alte dosi”, così alte da dare luogo a una tossicità che sarebbe inaccettabile per il midollo osseo, cioè per la sopravvivenza delle cellule del sangue. Allora, si provvede a conservare delle cellule prelevate dal sangue del Paziente prima del ciclo ad alte dosi, così da restituirgliele dopo l’effettuazione di quest’ultimo. È quello che era definito “trapianto di midollo” e che appunto oggi si fonda sul prelievo non direttamente del midollo osseo, ma, dal sangue periferico, di cellule emopoietiche in grado di ricostituire il midollo stesso.